Quante volte la gente passa su e giù per Corso Garibaldi chiamato “u
vico ’i San Gennaro” distratta e frettolosa senza magari aver mai notato
quelle due lapidi poste ai lati del Corso. Questa un tempo era una delle
strade più frequentate dalla nobiltà torrese e confluiva nel centro cittadino
dove si incontravano uomini di affare e famiglie benestanti.
Chi magari si ferma e, spinto dalla curiosità legge, ha il piacere di
imbattersi in uno straordinario pezzo di storia affisso al muro e arrivato
miracolosamente intatto fino ai nostri tempi, come se ci volesse ancora
riferire le parole chiare del Re delle Due Sicilie Ferdinando IV.
Passando all’analisi storica dell’epoca, si arriva all’editto solo dopo
aver chiarito le cause che spinsero ad affiggere tale legislazione.
Quando nell’anno 1759 Carlo III di Borbone ereditò il regno di
Spagna, concesse al suo secondogenito Ferdinando IV, il titolo di Re delle
Due Sicilie. Sotto il suo regno si favorì nell’area vesuviana, in particolare
nell’abitato di Torre dell’Annunziata, l’incremento dell’industria e delle
attività commerciali alimentate per lo più dall’incalzante avanzata della
“arte bianca” che assorbiva quasi del tutto le attività commerciali
dell’epoca. Ma proprio questo aumento di scambi commerciali e di
frenetiche attività diede luogo al diffondersi di una classe di sfruttatori che
ne traevano illeciti guadagni sotto le vesti di “sansali” Onde frenare le frenetiche attività di chi ne autorizzava la sansalia e di chi la praticava, il governo centrale e il Re stesso, avendo promosso una
campagna contro le diffamazioni del regno, sotto la guida del giudice
Natale Maria Cimaglia, volle incidere nel marmo tale editto in modo che
non venisse dimenticato.
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